La finta trippa e..

quei piatti che restano sepolti nelle fitte pieghe della memoria. Quelli che sono lì ad aspettarti da tempo immemorabile mentre la vita è andata avanti e tu hai assaggiato una miriade di altri sapori, abbinamenti, variazioni. Sono lì che aspettano solo che una scintilla li faccia tornare alla coscienza e la riempia di densa, dolce nostalgia per le persone che non ci sono più, per tua madre che quel piatto ti cucinava spesso ma chissà perchè avevi rimosso, lasciandolo a decantare per troppo tempo.

Questo è quello che mi è successo qualche tempo fa, quando, guardando la trasmissione di Alessandro Borghese su Real Time, lui ha tirato fuori dal cilindro della mia memoria questo piatto: la finta trippa. Ho detto, oddio, ma questo piatto me lo faceva sempre mia mamma! Perchè diavolo l’ho rimosso così drasticamente? E così quasi con le lacrime agli occhi mi sono ricordata di quante volte l’avessi mangiato e mi sono ripromessa di farlo assaggiare a Luigi che non lo conosceva. Ovviamente non avevo mai seguito mamma nel procedimento, quindi per la ricetta, le dosi etc. mi sono riferita a quella trovata sul sito di Real Time.

E come una novella Proust nella sua “Recherche du temps perdu”, riassaporando questo piatto casalingo mi sono sentita vicina per un momento ai miei cari. Questo è uno dei grandi poteri che la cucina sa evocare.

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